Passione

Aforismi

Restauro

Conservare, non restaurare.
Il ben restaurare può chiamarsi una annegazione di sé in faccia al passato. Quanto più l’artista d’oggi si inchina, s’inginocchia, si annichila di contro al monumento, tanto meglio compie il dover suo.
Il cosiddetto restauro è la peggiore delle distruzioni.
Il restaurare è un travaglio che consuma il cervello e che non lascia mai l’animo in pace. La grande impresa si compone d’infinite piccolezze, le quali, alla lunga, opprimono.
Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell'opera d'arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro.
Il restauro deve mirare al ristabilimento dell’unità potenziale dell’opera d’arte, purché sia possibile raggiungere ciò senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo.
In nessuna cosa è forse tanto difficile l'operare e tanto facile il ragionare quanto in ciò che si riferisce al restauro.
Io preferisco i restauri mal fatti ai restauri fatti bene. Mentre quelli, in grazia della benefica ignoranza, mi lasciano chiaramente distinguere la parte antica dalla parte moderna, questi, con ammirabile scienza ed astuzia facendo parere antico il nuovo, mi mettono in una sì fiera perplessità di giudizio, che il diletto di contemplare il monumento sparisce, e lo studiarlo diventa una fatica fastidiosissima.
L'architetto incaricato di un restauro deve conoscere con esattezza non solo gli stili afferenti a ogni periodo dell’arte, ma anche quelli appartenenti ad ogni scuola.
L'architetto incaricato di un restauro deve essere costruttore abile ed esperto, non solo da un punto di vista generale, ma dal punto di vista particolare, deve cioè conoscere i processi costruttivi adottati nelle differenti epoche della nostra arte e nelle diverse scuole.
L'arte del restauratore richiede un ingegno speciale, che non è certamente comune, perché di rado gli artisti abili e di rinomanza si sono dedicati a questo genere di lavoro.
L'arte del restauratore somiglia a quella del chirurgo. Sarebbe meglio, chi non lo vede? che il fragile corpo umano non avesse mai bisogno di sonde, di bisturi e di coltello; ma non tutti credono che sia meglio veder morire il parente o l’amico piuttosto che fargli tagliare un dito o portare una gamba di legno.
Nei restauri bisogna sempre aver presente una condizione dominante, sostituire, cioè, ad ogni parte tolta solo materiali migliori e materiali più energici e più perfetti. Bisogna che a seguito dell’operazione effettuata l’edificio restaurato abbia per l’avvenire una durata più lunga di quella già avuta in passato.
Non c'è nulla di più fragile dell'equilibrio dei bei luoghi. Le nostre interpretazioni lasciano intatti persino i testi, essi sopravvivono ai nostri commenti; ma il minimo restauro imprudente inflitto alle pietre, una strada asfaltata che contamina un campo dove da secoli l'erba spuntava in pace creano l'irreparabile. La bellezza si allontana; l'autenticità pure.
Né il pubblico, né coloro cui è affidata la cura dei monumenti pubblici comprendono il vero significato della parola restauro. Esso significa la più totale distruzione che un edificio possa subire: una distruzione alla fine della quale non resta neppure un resto autentico da raccogliere, una distruzione accompagnata dalla falsa descrizione della cosa che abbiamo distrutto.
Restaurare un edificio non è conservarlo, ripararlo o rifarlo, è ripristinarlo in uno stato di completezza che può non essere mai esistito in un dato tempo.
Se l'architetto incaricato del restauro di un edificio deve conoscere le forme, gli stili propri di questo edificio e della scuola da cui è uscito, deve ancora meglio, se possibile, conoscere la sua struttura, la sua autonomia, il suo temperamento, perché prima di tutto bisogna lo faccia vivere.
È impossibile in architettura restaurare, come è impossibile resuscitare i morti, alcunché sia mai stato grande o bello.