Passione

Aforismi

Eutanasia

Ci sarà sempre una speranza a questo mondo fin quando ci sarà concesso di morire.
Ci sono dolori che possono calmare soltanto dosi molto elevate, così elevate da risultare mortali, di stupefacenti. Chi le pretende, per sé o per qualcuno che ama, ha certo più ragione di chi gliele nega.
Il medico nella sua formazione non riceve nessuna nozione per ciò che riguarda il processo del morire e raggiunge la laurea avendo come sogno o obbiettivo il successo terapeutico, inoltre ha un concetto di sacralità della vita anche quando questa per il malato nella sua fase terminale è solo dolore e sofferenza.
In passato c'era la paura di morire anzitempo. Oggi c'è quella di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione artificiale, priva di coscienza e di vita di relazione.
In una visione laica della vita, la decisione di concludere l’esistenza con un atto che abbia luogo in modo umanitario ma razionale, è una soluzione comprensibile quando il dolore fisico e morale non permettono più di onorare la vita pienamente.
L'eutanasia è una dura realtà e come tale va regolamentata senza ipocrisie.
Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l'alimentazione a un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale.
Per il medico ci sono infinite opportunità di abbreviare o troncare una pena senza speranza, e c'è anche il trapanante dovere di non trascurarle.
Quando la guerra si faceva col cavallo, quasi sempre toccava al cavaliere dare il colpo di grazia alla cavalcatura ferita e rantolante. E anche nella guerra senza cavallo l’eutanasia è una delle poche leggi umane, non scritte, non dell’Aja, che sopravvivono: si finisce il compagno, l’amico, il sottoposto che implora l’unica grazia, l’unico atto pietoso di cui ha ancora bisogno.
Scegliere l'eutanasia non è un gesto facile: è e va intesa come un atto estremo che va considerato con discrezione, va deciso nel segreto delle proprie coscienze, senza clamore e senza prescindere dalle proprie concezioni etiche e morali.
Se noi abbiamo un diritto alla vita, abbiamo anche un diritto alla morte. Sta a noi, deve essere riconosciuto a noi il diritto di scegliere il quando e il come della nostra morte.
Se qualcuno non solo è incurabile, ma anche oppresso da continue sofferenze, allora i sacerdoti e i magistrati, dato che non è più in grado di rendersi utile e la sua esistenza, gravosa per gli altri, è per lui solo una fonte di dolore, lo esortano affinché si decida a non prolungare oltre quel male pestilenziale. Rendendosi conto che la vita gli procura solo dolore, non si sottragga alla morte, ma si faccia coraggio e si liberi da solo da quella vita piena di tormenti come da una prigione o da una tortura, oppure lasci che qualcuno lo faccia per lui. In questo modo si dimostrerà saggio, perché non perderà alcun bene ma si libererà di una sofferenza.
Sono particolarmente temibili le grandi organizzazioni sanitarie, gli ospedali dove, per latitanza della pietà e della legge, non è concesso di morire. Bisogna lottare, lottare strenuamente, per morire in casa, con medici e familiari che capiscano il nostro diritto di morire quando è l'ora di morire.
Una morte dignitosa è un diritto di libertà.